Los Angeles 1992. I giorni di fuoco di Ryan Gattis
In seguito all’esito inaspettato di un processo, le grandi strade di Los Angeles accolgono la devastazione. È il 1992 e alcuni membri delle forze dell’ordine vengono assolti nonostante risultino essere i protagonisti del pestaggio di un tassista di colore. La città multietnica però non ci sta: violenza, fanatismo e sparatorie.
Questa una delle pagine più nere della recente storia americana che Ryan Gattis ha pensato di usare come base per il suo Giorni di fuoco (edito Guanda), un romanzo nel quale storia e fiction si mescolano in una nube di fumo nero.
I sei giorni di fuoco fanno da sfondo a un racconto corale che restituisce una testimonianza autentica di quella rabbia così inaspettata. Gattis inserisce i suoi personaggi in una città in fermento, senza più controllo, alternando voci diverse e destini completamente opposti.
Giorni di fuoco appare da subito come un romanzo estremamente coinvolgente dal quale, nonostante la mole, sarà difficile staccarsi. Al ritmo serrato viene accompagnato un registro camaleontico che si adatta ai vari personaggi.
I quartieri di L.A. sono controllati dalle clica, vere e proprie bande organizzate costituite da uomini a cui non è rimasto nulla nella vita, neanche la capacità di poter scegliere. Lavoratori, forze dell’ordine, pompieri e writers saranno figure non meno importanti, fondamentali le loro parole.
Le balle sono strumenti. Merda, le parole sono strumenti, non così diverse dalle pistole. Le adoperano per ottenere quello che vogliono. Tutti lo fanno.
Gattis invece ci ricorda che nel maggio ‘92 la speranza, la vita di queste persone e il loro destino danzava tra le strade di L.A. ignaro del pericolo della morte.
Leggere Giorni di fuoco significa veder la vita di tutti noi nascosta nel calore avvolgente di un palazzo in fiamme.