Una coltre di verde: la commedia umana di Eudora Welty
Da un anno e mezzo l’ormai consolidato scarafaggio di Racconti Edizioni sta continuando a portare nel panorama italiano nomi e raccolte di tutto rispetto. Autori contemporanei da dover necessariamente valorizzare e grandi recuperi, grandi autori del passato tra i quali figura anche Eudora Welty.
Autrice americana che nonostante avesse vinto un Pulitzer veniva ignorata dal sottoscritto. Solo dopo aver letto Una coltre di verde, la sua raccolta di racconti d’esordio, mi sono accorto di quanto grave fosse questa lacuna.
Tutte le storie della Welty si muovono in uno spazio privato ma allo stesso tempo collettivo. L’America del Sud, quella in cui questa autrice ha vissuto per tutta la vita, cercando nel suo quotidiano, nel suo mondo privato, di decodificare tutto ciò che la circondasse. La stessa terra raccontata da autori del calibro di Flannery O’Connor o Faulkner (con il quale la Welty si incrociò più volte in qualche salotto).
Mi sono trovato di fronte un occhio indagatore, voglioso di analizzare tutte le emozioni degli uomini e delle donne di un territorio arido e soffocante, ma in parte, per tutti i sentimenti universali dispersi nella sua vastità, anche nostro.
I diciassette racconti di Una coltre di verde, se accomunati per struttura e per le loro caratteristiche ricorrenti formano due grandi gruppi distinti, due diverse tipologie di racconto dentro le quali ho scorto l’essenza di questa autrice al suo esordio.
Il primo gruppo è quello delle commedie nere, episodi tra il grottesco, gli stereotipi e la strada segnata da un destino irremovibile. Qui sarà il volere dell’uomo ad essere fagocitato dalla sfortuna, dai fraintendimenti e dalle situazioni bizzarre. Una scrittura tagliente fatta di dialoghi ironici mi ha accompagnato verso un sorriso amaro.
Nel secondo gruppo, quello più incisivo, la Welty abbandona un tono più scanzonato per proiettare il lettore nella parte più intima di ogni personaggio. Nelle decisioni quotidiane tra la vita e la morte che faranno di racconti come La sirena, Un ricordo o Una coltre di verde dei veri è propri must.
Il respiro del classico è infatti quello che si respira in queste storie, quello di un’autrice assorbita dalla tradizione americana. Così leggendo La Chiave e supponendo di poter giocare cancellando il nome dell’autrice, per il tipo di sensibilità e di sguardo sulla realtà, potremmo sostituirlo con i grandi maestri del racconto americano contemporaneo come ad esempio Charles D’Ambrosio senza far notare palesemente questo switch, a dimostrazione dell’eredità lasciata da questa donna.
Ad accomunare questi due gruppi il realismo e l’analisi lampante attraverso la finzione dei rapporti tra le persone. Dagli innamorati passando per sconosciuti e i classici rapporti delle piccole comunità a stelle e strisce continueremo ad avvicinarci al cuore dei protagonisti, verso un ipotetico senso delle nostre vite.
Io davanti a una realtà senza nessun filtro, senza la possibilità di prendere scorciatoie, senza il potere dell’illusione.
Non importa a nessuno che Mr. Marblehall abbia infine afferrato, o così crede, qual è il dovere di tutti nella vita. Vale a dire: sopportare qualcosa dentro di sé, per un certo periodo in segreto; fondare un passato, una memoria; e in questo modo far provvista di vita. Lui l’ha fatto; anzi, del tutto straordinariamente, si è moltiplicato la vita con l’inganno; e tuffandosi sempre più in fondo ipotizza un qualche splendido finale, una sublime esplosione di rivelazioni… il futuro.
Una coltre di verde è uno dei lavori per me più riusciti sul rapporto tra l’uomo e il mondo, tra questo e il suo cuore. Una commedia del reale di impeccabile precisione, di riuscitissima finzione e bella scrittura.
Un approccio perfetto per conoscere Eudora Welty, l’autrice del Sud capace della profonda misericordia.
–Albero di carne di Stephen Graham Jones (Video-Recensione)