Dal 20 al 23 aprile 2016, il Teatro Franco Parenti di Milano ha ospitato la quarta edizione de I Boreali, il più grande festival italiano dedicato alla cultura nord-europea.
Un’edizione caratterizzata da una grandissima varietà di eventi dedicati a musica, cinema, cibo, ma soprattutto letteratura. I Boreali infatti, mi hanno dato la possibilità di incontrare scrittori nordici e storie lontane.
Tre sono gli editori che hanno aderito alla manifestazione, coinvolgendo una o più voci provenienti dal proprio catalogo:
- Mondadori con Sara Stridsberg e il suo La gravità dell’amore, scrittrice svedese piuttosto affermata alla sua prima presentazione italiana.
- Sonzogno con Minna Lindgren e i suoi romanzi umoristici
- Iperborea, l’organizzatore del festival, ed editore rappresentativo per storia e qualità di questo tipo di letteratura.
Il festival è stato inaugurato da Fredrik Sjöberg, scrittore affascinante e bizzarro, e il suo L’arte di collezionare mosche. L’affiancare a una personalità così eccentrica un autore come Paolo Nori ha reso il risultato ancora più sorprendente.
Tra una battuta e l’altra ho capito di trovarmi di fronte a una forma inedita, un contenitore del tutto nuovo atto a raccontare un contenuto inedito e singolare come la passione di collezionare mosche. Un tratto dannatamente scientifico che nasconde secondo Sjöberg diversi aspetti letterari e un po’ di autobiografia.
Il racconto di una vita, partito dalle sue certezze, senza badare alla forma.
Una voce svedese che mi ha fatto capire quando i limiti di un isola possono diventare persino consolatori e quanto possa apparire diverso il mondo quando lo si guarda attraverso l’occhio di una piccola lente di ingrandimento – per mosche in questo caso.
Sulla letteratura danese avevo diversi interrogativi, forse per la sua minor diffusione rispetto quelle più vicine. Ecco quindi che vedere Stig Dalager, uno degli autori più rappresentativi di questa terra, ha aiutato non poco.
Il suo lavoro è centrato sulla figura di Kierkegaard. Filosofo pessimista, dalla biografia travagliata, che diventa estremamente affascinante all’interno di un romanzo.
Il racconto di un uomo sospeso, il suo oscillare tra amore ed eternità, ci è restituito da una voce consapevole, che ha saputo unire prosa e filosofia.
Un gioco intorno alla verità per stabilire chi è il responsabile di cosa è buono e cosa è cattivo attraverso lo sguardo eterno al quale lo stesso Kierkegaard si rivolge.
L’uomo dell’istante sembra esser una prova ambiziosa alla quale non mi sottrarrò. Dalager è stato la rappresentazione di un fascino così lontano, così freddo ma allo stesso tempo vicino e consolatorio.
Ultima scoperta, quella di Monica Krestensen, una delle più note esploratrici polari nordeuropee. La sua lezione sui grandi esploratori del nord è stata una testimonianza inaspettata che mi ha permesso di guardare ai poli con occhio diverso. Il polo come un luogo estremo di perdizione, nel quale le ombre dell’animo umano vengono alla luce tra tabù ed estremismo.
Ecco quindi che l’esploratore diventa un eroe. Colui che ha il coraggio di spingersi lontano dalla civiltà, verso zone dove tutto era (ed è) sconosciuto, dove la realtà si fonde con il mito. Qui l’uomo si ritrova di fronte alla morte, dice la Krestensen, qui l’uomo si perde insieme al tempo in una bufera di neve.
Operazione Fritham, il suo secondo lavoro, sarà un ottimo modo per scoprire quanto questa esperienza di vita possa diventare potente.
Partecipare a I Boreali ha significato scoprire diverse voci inaspettate e mettersi in gioco.
Mi ha permesso di afferrare pensieri luminosi e farli brillare tra i ghiacci.
A presto