I venerdì da Enrico’s di Don Carpenter
La vita è un percorso alla continua ricerca di certezze e traguardi. Ogni sua svolta è caratterizzata e necessita di passione, forza di volontà e obiettivi.
Ci sono delle storie nelle quali ci perde nella moltitudine di possibilità, un forte senso di incompletezza aggredisce ogni cosa, dai personaggi al nostro quotidiano. Alcune di queste storie sono racchiuse ne «I venerdì da Enrico’s» (Frassinelli), il romanzo postumo di Don Carpenter.
Sono percorsi di vita che cominciano a snodarsi tra le strade di Portland, in cui ogni scrittore insegue la stesura del grande romanzo americano. Charlie, Jamie, Dick e Stan sono solo alcune delle numerosi voci fameliche e insicure al servizio di Carpenter.
La linea che divide reale e romanzato è sottile, non c’è paura di nascondersi, bisogna presentarsi con sincerità portandosi dietro difetti e esperienze. Il tormento della guerra in Corea, quel senso di incompletezza, il peso del fallimento e la speranza nel cambiamento sono la conferma finale di come questo scritto postumo possa essere una sorta di testimonianza romanzata di questo autore dimenticato.
La storia più importante comincia tra gli scaffali di una libreria dell’usato. Siamo nei primi anni novanta e Jonathan Lethem, uno dei più importanti autori americani contemporanei, è il responsabile della sezione letteratura di una delle tante fornitissime librerie di New York. Il suo compito è quello di setacciare le enormi pareti di libri in cerca di quei titoli rimasti invenduti da mesi, tra i quali si nascondeva il nome di Carpenter.
Da questo momento il giovane Lethem non riuscì a capacitarsi della diffusione, rimasta sempre sotterranea, delle opere del Don. Tutto cambia nel 2014, quando Lethem, accettando una proposta inaspettata, si ritrova tra le mani il manoscritto abbandonato nel ’95 in seguito al suicidio dell’autore americano.

- Charlie vuole scrivere il grande romanzo sulla guerra.
- Jaime, la sua amata, è in bilico tra il suicidio e le pagine che nel silenzio della sua solitudine scrive per testimoniare il suo passato.
- Dick continua a insistere con i suoi racconti indirizzati a Playboy, ha paura di confrontarsi con la prova romanzata.
- Stan cerca la solidità di un affetto mai conosciuto entrando e uscendo di prigione e aiutandosi, quasi in maniera terapeutica, con la stesura delle sue storie pulp.
Potrei andare avanti, citarvi altri personaggi tormentati, sottolineare quando i rapporti tra essi siano fondamentali possano essere questi d’amore, d’invidia o di rassegnazione.
Un romanzo che parla di scrittori, di scrittura e di sentimenti forti scritto da una voce sconosciuta di grande sensibilità, caratterizzata da uno stile senza fronzoli, ma allo stesso tempo scorrevole e autentico.
«I venerdì da Enrico’s» è un composto influenzato dalle psicologie tormentate e dal realismo tanto caro a Richard Yates e quel senso tutto aristocratico e raffinato legato alla Hollywood così vicina a Francis Scott Fitzgerald. L’unione di questi elementi ci permette di scoprire una voce distinta e originale.
Se fossi capace di esprimere la mia visione dell’universo senza scrivere narrativa, lo farei.

Con la speranza di veder altri suoi libri tradotti in Italia non faccio fatica affermare che perdere Don Carpenter significa perdere la visione di un periodo americano luminoso ma tormentato. Significa affogare il dolore in un bicchiere trasparente pieno illusioni. La verità scoprirete, non si trova sul fondo di bicchieri opachi, ma proprio in quell’universo a Carpenter molto caro.
Autore: Don Carpenter
Curatela: Jonathan Lethem
Traduttore: Stefano Bortolussi
Editore: Frassinelli
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tag #Americana #Hollywood #Portland
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