Martin il romanziere e altre storie fantastiche di Marcel Aymé

Sono un lettore da sempre legato alla forma breve e, grazie alla mia passione per il racconto, sto selezionando negli anni gli autori più meritevoli dalle caratteristiche più disparate.

Tra le ultime scoperte è per me doveroso segnalare Marcel Aymé, autore francese poco conosciuto in Italia (pubblicato da L’orma Editore nella sua collana Kreuzville Aleph) il cui obiettivo è quello di recuperare autori legati alla cultura moderna, con maggiore attenzione alla letteratura francese e tedesca, per poter ricostruire il paesaggio del nostro passato. Proprio qui, nel passato, tra gli anni ’30 ai ’50 del Novecento si collocano i racconti che compongono «Martin il romanziere e altre storie fantastiche».

Aymé fu amico di scrittori del calibro di Céline e fu stimato – tra i tanti – da Simenon e Queneau. Un biglietto da visita sicuramente non indifferente. Così mi sono trovato ad interrogarmi su questo personaggio, ho pensato che per conquistarsi tali apprezzamenti, avrei sicuramente dovuto trovare quel qualcosa in più, quell’elemento capace di distinguerlo dall’ordinario.

La carta del tempo, il primo racconto di questa selezione scritto durante il secondo conflitto mondiale, mi ha da subito chiarito con chi mi stessi confrontando. Ho letto il lavoro di un uomo pronto a filtrare la realtà attraverso il fantastico, di indagarla con uno sguardo distorto, velatamente critico, ma al tempo stesso veritiero.
Le origini di questi intenti vanno sicuramente cercate in Zola e Balzac, nella tradizione letteraria del secolo precedente e nella commedia socio-umana con il suo misto tra realismo e spietatezza.
Marcel Aymé però si allontana dai padri e, servendosi del fantastico, fa delle idee brillanti il suo segno distintivo.

Ogni sua storia parte da un espediente originale: da chi si trova con un aureola sospesa sul capo, al difficoltoso rapporto tra uno scrittore e la morte dei personaggi da lui creati, passando per una donna capace di essere in più posti diversi nello stesso momento. Potrei continuare, basti però sapere quanto ognuno di questi racconti sia riuscito a colpirmi per inventiva e bella scrittura.

C’è una critica feroce tra queste pagine, un’intenzione sotterranea di puntare il dito contro tutte le bassezze dell’uomo e le relazioni, positive o negative, che questo è capace di creare. Manca però una presa di posizione, ogni tipo di giudizio diretto viene tralasciato, dando maggior spazio al gusto della narrazione. Al lettore il compito di arrivare o tralasciare le conclusioni.

Ancora oggi, nel quartiere di Montmartre a Parigi, Aymé continua a celarsi nel muro dal quale fuoriesce con naturalezza la statua dedicata a uno dei suoi personaggi più noti. Leggere e scoprire questo autore è stato immaginarmi quegli occhi marmorei. Guardarsi ancora attorno con l’intento di osservare ogni minimo particolare, nascondendo la voglia di sorprendere, mostrando una smaccata indifferenza. Non mi sorprenderebbe vedere un muro libero da qualsiasi funzione celebrativa. D’altronde questo scrittore ormai trapassato, riesce ancora a sparire grazie al potere del fantastico.

Autore: Marcel Aymé
Traduttore: Carlo Mazza Galanti
Editore: L’orma Editore
Collana: Kreuzville Aleph
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