Quella Luce Negli Occhi di Bennett Sims
Le finestre vengono sprangate e le luci vengono spente. Un verso ultraterreno, cupo e compatto come la terra, si fa strada nel romanzo d’esordio di Bennett Sims.
«Quella Luce Negli Occhi» è l’ultimo arrivato della collana Black Coffee di Edizioni Clichy che, con le sue promettenti giovani voci americane, si è rivelata esser una delle scoperte qualitativamente più valide del mio 2015.
Versi lontani e rumori di passi segnalano la presenza dei non-morti, di coloro i quali cercano di ritornare nei luoghi in cui hanno conosciuto la felicità, prima che l’epidemia cancellasse via tutto.
I Black Coffee mi avevano già dimostrato di esser libri freschi, innovativi e volutamente ambiziosi. Il romanzo d’esordio di Sims non è stato da meno.
«Quella Luce Negli Occhi», come presumevo, non si è rivelato essere un classico libro horror. Il lettore si troverà tra le mani un testo sperimentale che non perdendosi nel suo plot, metterà d’accordo gli amanti della letteratura americana postmoderna e dell’orrore più introspettivo.
Ho letto il diario di Michael, un uomo spaventato, condizionato dalle sue paranoie e dal pericolo della morte con il quale convive da mesi.
Ho capito quanto ami la sua Rachel, la sua compagnia, colei che mai dovrà essere infettata dal virus.
Ho scorso con foga le sue note nascoste(*) piene di precisazioni e di dubbi su Matt, l’amico ossessionato dalla ricerca di un padre scomparso che di umano, non dovrebbe avere più niente.
(*) “Dallo scoppio dell’epidemia ho riflettuto spesso su come la nota a piè di pagina sia l’espressione più emblematica della non morte. Aprendo nella pagina uno spazio soggiacente, la nota scava una fossa nel testo, un mondo sotterraneo. Le parole che vengono esiliate li sono come pensieri che il testo ha represso e confinato all’interno del proprio inconscio. Eppure questi pensieri continuano a tormentarlo dal basso e, se mai il testo venisse contagiato, sarebbero loro a guidarlo. Le note a piè di pagina non sono altro che i piedi fantasma di un testo”.
I non-morti sono il pretesto, l’elemento scatenante grazie al quale ogni singolo personaggio potrà riflettere sul proprio io, affrontando una quotidianità svuotata per sottrazione, dai suoi rassicuranti piccoli gesti.
Matt vuole trovare il padre non-morto, Michael vuole sconfiggere i suoi fantasmi senza essere abbandonato dalla sua amata, Rachel non vuole perdere la sua umanità(*).
Bennett Sims, invece, vuole giocare con il lettore stimolandolo pagina dopo pagina. I suoi non-morti, presi in prestito dalla tradizione più classica, hanno delle peculiarità originali: uccidono “umanamente” e camminano verso i luoghi della loro felicità.
(*) Io volevo trovare l’essenza dell’uomo. Quella forma spigolosa e psicologica che Sims modella dopo ogni rivelazione.
Da lettore sono entrato in un percorso di ricerca che degli zombie ha preso in considerazione solo gli occhi e quella patina bianca avvolgente del loro sguardo. Dietro di essa il senso del romanzo, un buio luminoso.
Lo stile scorrevole si sposa perfettamente con l’alternanza delle note (molto wallaciane). I dialoghi fanno del non-detto il loro punto di forza, nascondendo le parole importanti, le emozioni più grandi.
I non-morti verranno contenuti in imbarcazioni mobili e centri temporanei e le strade di Baton Rouge saranno apparentemente sicure. Ogni tanto però, una mano batterà contro una porta, un corpo inanimato vorrà entrare dentro quelle mura a lui familiari.
Tutto ciò che abita la terra sembra dirci Sims, non vuole lasciare andare quello che ama, la sua identità primordiale.
Non bisogna aspettarsi l’azione. Questa luce negli occhi è l’istantanea di due persone sedute una di fronte all’altra. Due persone che si amano e che cercano di eseguire un processo di defamiliarizzazione grazie al quale potranno dimenticare il volto celato dentro al loro cuore pur di salvarsi dal contagio.
Per l’azione, le teste tagliate e le pistole non c’è spazio tra queste pagine di corsa psicologica. Solo il nemico è lo stesso: la paura.
Sims ha distrutto un canone tradizionale, creandone uno nuovo, dentro al quale è la ricerca letteraria ad avvolgere tutto, compresa la natura, con un respiro antico ma allo stesso tempo attuale, creando domande profonde in un romanzo invaso dai non-morti.(*)
La prima zombie story in cui i personaggi non scappano dal pericolo ma camminano verso la loro ricerca.
(*) “Il mio scaffale non ingrassava forse come una sanguisuga? Sembrava una cosa fattibile finire la lista, non solo nell’arco di una vita, ma di una decina di anni di serio impegno, riservando il resto della vita a vacanza e agio letterario. Che fosse solo un sogno? Leggere era davvero, come un professore mi aveva cupamente avvertito una volta, una lotta che si vinceva e si perdeva contemporaneamente?”.
La svolta sta nello sguardo di chi non c’è più, così vuoto e intenso. Dietro speranza, ferite mortali e fetore.
Autore: Bennett Sims
Traduttore: Sara Reggiani
Editore: Edizioni Clichy
Collana: Black Coffee
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tag #Americana #Distopico #Horror #Louisiana
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