Siri Ranva Hjelm Jacobsen: le piccole comunità per sopravvivere devono tacere.

Siri Ranva Hjelm Jacobsen: le piccole comunità per sopravvivere devono tacere.

I Boreali, il festival dedicato alla cultura dal Nord organizzato da Iperborea, ha nuovamente creato uno spazio di confronto stimolante arricchito da numerosi ospiti.

Tra questi molto atteso l’incontro con Siri Ranva Hjelm Jacobsen, giovane autrice danese capace di conquistare i lettori italiani con il suo «Isola», il romanzo d’esordio con il quale è riuscita a strappare il Premio Bogforum Debutant 2016.

«Isola» è una storia di radici, uno sguardo inserito in una storia familiare verso le origini rappresentate dalle Isole Faroe. Un viaggio nella memoria e nel mito verso la ricerca del sé.

Ho pensato di restituire un resoconto del nostro breve incontro e della presentazione milanese moderata da Alessandro Zaccuri.

Leggendo Isola ci si immerge in una vicenda estremamente personale ma basteranno poche pagine per aver l’impressione che questa storia così lontana, tra quelle isole sconosciute ai più, stia parlando di qualcosa di più.

Alla base c’è lo spostamento, la voglia e il coraggio di cambiare luogo in cerca della verità.

Credo che questo tema dello spostarsi da un posto all’altro sia un tema che l’umanità ha sempre conosciuto soprattutto ai nostri tempi, come ad esempio il cambiamento generazionale in Europa dove è sempre più difficile da percepire.
C’è ancora molto silenzio: da un lato le Isole Faroe sono un luogo molto piccolo e le piccole comunità per sopravvivere devono tacere. L’altro aspetto riguarda la migrazione verso la Danimarca nella quale c’è una sorta di perdita che ricopre il silenzio.

Un romanzo in cui tornare verso un piccolo microcosmo per cercare l’identità, scavando in un passato lontano dai contorni sbiaditi.

Una parte delle caratteristiche delle mie isole e che sono una colonia danese – una sorta di criptocolonia – in cui, per anni, la lingua insegnata a scuola era per l’appunto il danese, la vera lingua della mia terra è quasi una novità.

Sono nata in una nazione piccola con un’identità molto forte, una nazione silenziosa ma con un forte diffidenza verso la Danimarca.
L’identità è una cosa strana. L’isola fluttuante è un’utopia ma rappresenta la possibilità di identità che si va a formare tra il concetto di nazione, non solo per i bambini figli di migranti, ma credo sia importante per il significato diverso che sta prendendo.

Tra le distanze della nostra vita, nel mezzo di indecisioni e paure, è il mare che tutto circonda e unisce attraverso moti e ponti invisibili. Tutto raccontato attraverso la forza di una scrittura piena, vibrante.

Il potere della letteratura sta proprio nella capacità di giustapposizione di prospettive diverse che crea un quadro più preciso e completo mettendosi nei panni degli altri.
Anche il mio personaggio ha paura di incontrare se stesso nella solitudine del mare, lo percepisce prima come un nemico e poi gli manca perché si allontana.
Il mare resta sia ciò che divide che ciò che connette.

Protagonisti vivi i cui sentimenti vengono raccontati da chi li circonda.

È interessante che tu abbia pensato che i personaggi di contorno siano coloro che veicolino questi sentimenti perché la mia protagonista racconta sia in prima persona la sua storia oltre che a immaginare quella della nonna.

Secondo me è proprio la natura, ancora più dei miei personaggi, ad esprimere i sentimenti e veicolare le emozioni. Ho deciso questo, lavorando proprio su questo tipo di costruzione, perché volevo creare un legame forte tra il libro e il lettore.

Isola guarda al presente, all’identità del futuro ma si confronta anche con il passato. Con l’epopea omerica, con il viaggio per eccellenza, con la traversata più epica della storia delle letteratura.

Ho immaginato questa storia come un dialogo con l’Odissea che è piena di canzoni, così come la tradizione delle Isole Faroe. Credo inoltre in una letteratura capace di espandersi anche attraverso il realismo magico, sempre essenziale per raccontare l’identità in mezzo alle cose del mondo. Non sono una grande fan del realismo.

Traduzione: Sonia Folin & Simona Adinolfi

Autore: Siri Ranva Hjelm Jacobsen
Traduttore: Maria Valeria D’Avino
Editore: Iperborea
Collana: Gli Iperborei
_______
tag #Danimarca #FestivalLetterario #Mare

Letture boreali:

Io non mi chiamo Miriam: Majgull Axelsson

Io non mi chiamo Miriam: Majgull Axelsson racconta il lato oscuro della Svezia.

Andrea PennywiseNov 21, 20165 min read

«Io non mi chiamo Miriam» (Iperborea) di Majgull Axelsson ci riporta tra le pagine più nere della storia del Novecento. Il racconto dell’Olocausto narrato attraverso i ricordi di Miriam, una rom pronta a nascondere la sua identità

L’arte di collezionare mosche di Fredrik Sjöberg

L’arte di collezionare mosche di Fredrik Sjöberg

Andrea PennywiseMag 2, 20163 min read

«L’arte di collezionare mosche» (Iperborea) è il testamento di chi, lo sguardo dell’amore, lo ha rivolto ai sirfidi, a una specie ben precisa di mosca. Ecco quindi la vita di un uomo diventare la ricerca amorevole di piccoli attimi vibranti.

La vita come una canzone. Norwegian Blues di Levi Henriksen

La vita come una canzone. Norwegian Blues di Levi Henriksen

Andrea PennywiseOtt 19, 20173 min read

Trovo sia sempre meno difficile, tra i molteplici romanzi letti, trovare storie di emozioni dirette e confini netti. Con «Norwegian Blues» di Levi Henriksen (edito Iperborea) mi sono ricordato del fascino delle storie arcobaleno, quelle storie intime e delicate in…