Sulle tracce di Roberto Bolaño: viaggio tra Barcellona e Blanes.
Estate 2023, direzione Barcellona. Zaino in spalla decido di passare parte della mia vacanza in Spagna: c’è il mare, c’è la dolce compagnia di Giulia e, soprattutto, c’è una strana idea che vorremmo realizzare.
In Spagna, precisamente in Catalogna, ha vissuto uno dei miei autori preferiti: Roberto Bolaño. Autore cileno, per lo più vissuto in Messico, ma che nel 1977 guardò all’Europa con gran interesse.
Prima ancora della sua morte prematura, del fenomeno Bolaño che dopo il 2003 avrebbe coinvolto i lettori di tutto il mondo, bisognerebbe parlare di Roberto. Un uomo spigoloso, ironico, uno scrittore che decise di provare a sbarcare il lunario prima a Barcellona, per poi trasferirsi in un paesino della Costa Brava e dedicarsi soprattutto alla scrittura. Questo è il resoconto di un viaggio sulle sue tracce, un modo per toccare con mano la realtà dietro tutte quelle pagine tanto amate.
Dopo 20 anni dalla sua scomparsa, cosa troveremo? Riusciremo a parlare con qualcuno? Ma soprattutto, come cambierà il nostro sguardo su Bolaño?
Tra gli aspetti che più amo dei viaggi all’estero, c’è quello legato alla scoperta dei luoghi degli autori, come se lo scoprire il loro contesto possa far accedere a una nuova visione, osservare con più precisione cosa succedeva dietro il lavoro letterario.
Difficile farlo con una delle voci più fantasmatiche a cavallo tra il XX e il XXI secolo. Uno spettro, un vampiro, così mi era stato sempre descritto da tutti i grandi autori ispanoamericani con cui ho avuto la fortuna di parlare negli anni, raccogliendo aneddoti e testimonianze.
Bolaño a 24 anni, nel 1977, arrivò a Barcellona con la madre e si stabilì in una casa a Gran Vía 399. Alle spalle aveva il Cile con il ricordo della sua infanzia, ma soprattutto il periodo messicano: qui maturò la sua idea infrarealista del mondo, come quella politica che lo portò fino alla cella di una prigione, dove fu tirato fuori da un vecchio amico di scuola. Così si lasciò alle spalle l’America, con la voglia di mettersi in gioco.
Cominciò a svolgere i lavori più disparati nella stessa città dove i grandi romanzieri ispanoamericani trovarono la fortuna anni prima: tra i tanti José Donoso, Gabriel García Márquez, Mario Vargas Llosa e successivamente anche una giovanissima Isabel Allende. Il merito fu di Carmen Balcells, l’agente letterario più influente di quel tempo, una donna forte con una storia incredibile che meriterebbe numerosi approfondimenti. Balcells, dal suo studio di Avenida Diagonal, permise a questa e altre voci di spiccare e muovere cifre importanti nel panorama europeo. Dal ’67, dall’arrivo di Gabo e dalle visite continue di Julio Cortázar, qualcosa era cambiato: appena dieci anni prima l’arrivo di Bolaño la letteratura degli scrittori sudamericani era stata “inventata” proprio a Barcellona.
Camminando attraverso calle abitate da una temperatura infernale ci siamo informati, abbiamo letto di tante storie di tanti autori, ma su Roberto poco materiale e solo un indirizzo da dover visitare: Calle Tallers 45.
Situata alle spalle della Rambla e limitrofa al suggestivo Barrio Gotico, la via si trova a Ciutat Vella, un distretto del centro storico. Ed è facile immaginare come fosse tutto diverso, come il tempo abbia mutato tutto, vuoi per il turismo, vuoi per il respiro sempre più internazionale che la città catalana ha abbracciato negli anni.
L’unica a non essere cambiata pare proprio una delle case in cui alloggiò Bolaño nel suo periodo più povero. A questo ero pronto, avendo addirittura trovato una foto d’archivio che lo ritraeva affacciato da una delle finestre dello stabile.
Dal 2015 è stata affissa una targa: “En aquesta casa va viure l’escriptor i poeta Roberto Bolaño Ávalos / (Santiago de Xile 1953 – Barcelona 2003) – Ajnutament de Barcelona”. A fianco al portone anche il Cèntric, il bar dove pare si desse a serate molto impegnative dal punto di vista delle chiacchiere, ma soprattutto alcolico.
Forte l’emozione, nonostante le poche notizie, anche se la sua permanenza barcellonese durò fino all’inizio del 1980. Infine, citazione d’obbligo per il Granja Parisie, qui pare andasse a prendere il tè, potrebbe averci incontrato Bruno Montané e A. G. Porta, il suoi più grandi amici catalani. Ma anche qui si fa tutto fumoso, come se il suo passaggio si fosse perso tra quello di molti.
Questo primo disincontro bolaniano ci ha convinti e abbiamo cominciato a ragionare su come raggiungere Blanes, una ridente cittadina di mare in cui Bolaño decise di stabilirsi a titolo definitivo, dopo una tappa intermediaria a Girona, dal ’85 fino al giorno della sua morte.
La prima volta che senti parlare di Blanes fu in Messico, all’inizio degli anni ’70, leggendo un romanzo di Juan Marsé.
Appena un’ora di strada da Barcellona, qualcosina in più con uno dei numerosi treni che collegano tutta la linea di mare della costa. Il nostro unico errore? Aver organizzato l’esplorazione la domenica, solo dopo avremmo scoperto il perché.
Stazione di Blanes, dieci e mezza di mattina, il deserto di Ciudad Juárez. Decidiamo di non prendere un taxi che ci porti in centro città, ma di percorrere a piedi una 20ina di minuti in una periferia solitaria tra fabbriche e bar deserti. Il panorama è ancora abbastanza decadente, anche una volta vicini alla metà, ci chiediamo chi ce lo abbia fatto fare, nessuno per strada e una Chiesa silente a raccoglier messa.
Solo il centro ha cambiato prospettiva, animandosi, come se ci trovassimo in una delle tante piccole località di vacanza italiane: ristoranti, un lungo mare su cui poter passeggiare e hotel a schiera pronti a ospitare famiglie spagnole e turisti. Sembra ci sia molta tranquillità.
Sappiamo di una Ruta Bolaño, di un percorso a tappe da poter fare sui luoghi dell’autore. Alla biblioteca della città, non essendo una vera e propria attrazione turistica, leggo di delle brochure da poter ritirare gratuitamente in cui sono appuntate con precisione curiosità e posti da seguire.
MA è domenica, la biblioteca è giustamente chiusa e ci sono 40 gradi all’ombra. Passeggiamo su un viale alberato e andiamo a sbattere su una targa su cui è disegnato il faccione sornione di Roberto. Si tratta della pasticceria gestita da un caro amico, un luogo che pare frequentasse spesso, spinto più che dai dolci, dal rapporto di amicizia e dalla condivisione di gusti letterari e visioni infrarealiste. Uno scrittore e un pasticcere discutevano tutti i giorni di letteratura in una piccola città di mare della Costa Brava, sembra l’inizio di una barzelletta o di uno dei suoi racconti. Per noi è solo il primo indizio di trovarci sulla strada giusta, siamo proprio lì, nelle sue vie. Anche la pasticceria è chiusa.
Così succede anche con la Libreria Sant Jordi, proprio la sua libreria. Il cartello recita parole affettuose nei confronti della libraia, pare che sia stata l’unica a fargli credito sui libri.
Lei mi fa credito e riesce a farmi arrivare i libri che le ordino. Di più non posso chiedere.
Entriamo, questa volta troviamo aperto.
Dietro la cassa una donna ci saluta con fare deciso, cerchiamo subito i suoi libri. Scopriamo un pila poco curata di edizioni Anagrama e Random, ci rendiamo conto che potrebbe essere Pilar Pagespetit Martori, la stessa libraria citata in «Tra parentesi. Saggi, articoli e discorsi» (Adelphi). Decidiamo di scambiare due parole.
Conosceva Roberto Bolaño?
-Sì, certo. Niente foto grazie.
Stringata, forse un po’ arcigna. Ringraziamo; lei ci porge una di quelle brochure. Il nostro giro può iniziare veramente.
I suoi bar, il videonoleggio in cui affittava i peggiori b-movies da commentare i giorni successivi, la farmacia in cui si recava per chiedere consigli sul suo male al fegato, il Joker Jocs, il negozio nerd in cui pare si fosse guadagnato il soprannome di “Rey del ataque” per il suo dominio nella strategia militarie dei giochi da tavolo.
Tutto come se la comunità fosse un protagonista importante della sua vita di paese, questo lo abbiamo toccato con mano, anche se i negozi sono chiusi, anche se sono passati esattamente vent’anni.
A Blanes cambiò anche diverse case, tutte visitabili dall’esterno, anche perché oggi abitate da terzi. Ogni targa è situata a qualche metro dalla porte, così da non disturbare i nuovi affittuari o i proprietari. Ed è qui, di fronte l’ultima dimora che ricevo su Instagram i messaggi di Ramon, un ragazzo appassionato che conosco da anni. Ha visto le stories, anche lui è stato lì, mi racconta del pasticcere, mi racconta del suo pranzo avuto con la padrona di casa Bolaño/López, una vecchina a cui piace intrattenersi con i rari visitatori in religioso viaggio verso Blanes.
È una strana sensazione stare su quell’uscio, crepe sui muri, dimore di uno scrittore che nell’agio non è mai stato, ma che ci ha sempre tenuto a ritagliarsi e affittare uno studio per la scrittura, così da allontanarsi dai figli e dedicarsi ai suoi personaggi indelebili. Per non parlare del dettaglio più bibliofilo, dell’ultima casa situata a 20 metri dalla biblioteca, solo lì poteva abitare uno dei lettori più voraci che il continente americano abbia mai dato alla luce.
Un grande rimpianto è proprio legato alla biblioteca, anni dopo la morte, pare abbia dedicato un intero piano all’autore cittadino, con tanto di lasciti e autografi. Ma lo abbiamo già detto che la domenica…
Come è strano trovarsi di fronte all’ufficio in cui, nonostante il male al fegato, durante i primi del 2000 scriveva il suo ultimo capolavoro: 2666. Alzo la testa e non riesco proprio ad immaginarlo dietro una di quelle finestre a scrivere di Arcimboldi e Amalfitano.
Un po’ frastornati decidiamo di prendere un trenino cittadino che ci porta fino al giardino botanico di Miramutra, leggiamo davanti a una coca-cola e a del prosciutto iberico che si tratta di uno dei posti verdi più incredibili d’Europa, un vero e proprio gioiello nascosto.
Così di fronte un panorama mozzafiato continuiamo a discutere del fantasma, di come avesse trovato il suo posto dopo tanto girovagare. Lui che ha scritto che Blanes gli metteva l’allegria di essere vivo e, soprattutto, di non dover dare spiegazioni al riguardo. Dall’alto, su un’altura, di fronte l’acqua cristallina del mare delle Baleari, penso che dovremmo fermarci lì, magari prendendo una camera da qualche parte. Chissà perché poi, il fascino del luogo? il mistero dello scrittore cileno? la voglia di parlare con i più anziani?
Chiamiamo un taxi, alla fine decidiamo di tornare a Barcellona. Ed è qui, andando verso la stazione, che ci viene fatto un regalo.
Il taxi è guidato da una donna: comincia a lamentarsi dei monopattini elettrici, di come guidano in Spagna, di cosa deve sopportare percorrendo quelle strade. Ci spiega del periodo di forte siccità che sta attraversando quel territorio. Pare che d’estate, per i residenti, l’acqua venga diluita con orari di apertura e di chiusura delle case.
Solo dopo una rotonda presa con gran decisione ci chiede da dove veniamo, ma soprattutto perché siamo lì.
Veniamo dall’Italia, siamo qui per Roberto Bolaño.
-Bolaño lo scrittore? non ho ma letto niente di suo, ma conosco la moglie. Una donna dura, ma rispettabile. Aveva anche due figli, una ragazza molto riservata e un ragazzo, come si chiama…
Il mio ultimo ricordo sono io che rispondo Lautaro, Giulia che ride e la taxista che conferma. Abbiamo trovato qualcuno, penso a come tutto sia vicino, a come quella donna potrebbe accompagnarci anche da Carolina López. Ma non facciamo nulla di tutto ciò.
Prima di visitarla, Blanes è stata sempre solo il nome di una località alla fine dei libri di Bolaño. Chissà dietro quale facciata ha ultimato la storia dei suoi detective.
Solo dopo averla vista, solo ora che mi sono avvicinato, ho pensato che va bene così. Potevo cercare di più, capitare in una giornata che permettesse più contatti con gli affetti di Roberto, ma forse non sarebbe stato giusto. È stato meglio andare via in punta di piedi, passando ma con rispetto, in un luogo dove il tempo ancora non ha camminato a sufficienza. Le serrande chiuse, le porte chiuse, ci hanno comunque permesso di essere lì, di stare a pochi centimetri dalle storie che ci hanno segnato.
A Blanes, a vent’anni esatti dalla sua morte, abbiamo incontrato Roberto Bolaño. Mi piace dire che è ancora lì, nei racconti della gente, nelle fotografie delle stesse strade che ho percorso, ma soprattutto nei cuori e nel mio immaginario dei cimiteri del 3023.
Autore: Roberto Bolaño
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