Benedizione di Kent Haruf e il minimalismo delle emozioni.
Kent Haruf è stato uno degli autori americani più apprezzati dei primi anni zero, tanto da essere segnalato da Stephen King in «On Writing», il suo manuale di scrittura. A un anno dalla sua morte è uno dei protagonisti del catalogo NN Editore, una nuova realtà editoriale milanese, che ha deciso di investire su romanzi molto particolari, rilanciando autori affermati e non, con un ottimo e inaspettato riscontro di pubblico.
«Benedizione» è uno dei tre libri che formano la Trilogia della Pianura, che i lettori italiani avevano già visto tramontare con pessimi risultati in seguito a una timida pubblicazione da parte di Rizzoli.
Terzo in ordine di uscita, «Benedizione», condivide con i suoi due predecessori (di prossima pubblicazione) l’ambientazione e alcuni personaggi, elementi che però non influenzano l’ordine di lettura di questa storia.
È però lecito interrogarsi sulla scelta di pubblicare come primo, l’ultimo volume di questa trilogia. A questo dubbio ha già risposto l’editore, dando una motivazione più che soddisfacente.
Nel parlarvi di questo romanzo, credo sia superfluo approfondire la trama in cui i personaggi vivi di Haruf si muovono con continua indecisione.
Vi basti sapere che si tratta di un romanzo corale nel quale una delle voci, quella di Dad per l’esattezza, l’anziano protagonista prossimo alla morte, spicca per incisività e intensità. Un uomo anziano, il suo passato e il suo letto circondato dalle persone a lui care che lo aiuteranno a concludere degnamente il suo faticoso percorso di vita.
A muoversi insieme a Dad, troveremo un reverendo confuso, i conflitti generazionali tra una madre e una figlia, adolescenti alle prese con la propria omosessualità. Questi sono solo una parte dei numerosissimi temi condensati, con precisione chirurgica, in meno di 300 pagine.
Il punto di forza della penna di Haruf è la semplicità: la semplicità dello stile, della scelta delle parole, delle vicende e delle emozioni che permettono ai personaggi di sfuggire alla propria vita, al passato, dalle responsabilità, dai rimpianti, dalle occasioni perse e da quel senso di incompletezza che si manifesta esclusivamente nei momenti di maggior disperazione. Una semplicità minimalista, capace di creare un fortissimo legame tra personaggi e lettore.
A fare da contraltare e a impreziosire lo stile di Haruf c’è la minuziosa descrizione della piccola cittadina immaginaria di Holt, attraverso la quale viene sottolineata la bellezza dei campi e il susseguirsi delle stagioni.
Quello che ci circonda, sembra dirci lo scrittore, ha una bellezza nascosta, quasi sempre trascurata, indispensabile a rendere il nostro percorso più piacevole.
La bellezza di un’emozione anche negativa, la bellezza delle ossessioni e di quei fantasmi del nostro passato, ben intenzionati a alimentari le braci tormentate del nostro io, fanno di questa benedizione una preghiera sussurrata di fronte al tramonto da una cigolante sedia a dondolo.
Siamo davanti a un romanzo sincero ed emozionante. Una preghiera intima, tutta personale, intrisa di valori e speranza. Quella speranza che cresce tra i campi di grano e tra le pagine della grande letteratura, la stessa che ha solo bisogno di essere raccolta.
Autore: Kent Haruf
Traduttore: Fabio Cremonesi
Editore: NN Editore
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