La letteratura delle radici: l’esordio di Elvis Malaj
Dopo essersi consolidato per le sue proposte variegate, Racconti Edizioni ha allargato i suoi orizzonti, il suo catalogo, ospitando la prima delle scarafaggesche voci italiane. Qualità e forma breve rimangono le costanti, è la volta di «Dal tuo terrazzo si vede casa mia» di Elvis Malaj.
Giovanissimo autore di origine albanese, trasferitosi in Italia all’età di quindici anni, Malaj potrebbe dar inizio a un dibattito molto interessante legato alla letteratura italiana di oggi.
Le sue sono storie a metà tra l’Italia e l’Albania in cui i protagonisti di queste due culture diverse si incontrano nelle relazioni del quotidiano, nelle faccende di tutti i giorni, nelle cose della vita.
Penso alla nostra letteratura italiana, al suo legame con la tradizione dialettale, alle sue caratteristiche consolidate fatte di territorialità e di temi ricorrenti legati al cuore del nostro paese. In questo quadro approssimativo, Malaj si inserisce con prepotenza, con il suo sfondo sfumato dalla sua terra d’origine e dalla sua scrittura legata alla nostra lingua.
Dal quel terrazzo oltre la casa del mio interlocutore, sono riuscito a scorgere una nuova dimora, una forma di letteratura che per quanto sia in costruzione e non ancora definita, riesce a raccontare un’Italia multiculturale, senza che questa perda la sua identità. Un luogo che negli ultimi quindici anni è mutato ed è finalmente raccontato per come si presenta: guardando fuori dalla finestra di casa nostra, in questo preciso momento, servendosi delle emozioni e della sensibilità dei numerosi personaggi di questi racconti.
Trovarsi bene o meno in posto non dipende dal posto, dipende da te. Ovunque vai ti porti sempre dietro qualcosa che alla fine rende ogni posto uguale a un altro.
Non è il libro che parla dello straniero, del diverso, ma il libro che parla di tutti noi, dell’uomo perso nel mondo.
Sono stato colpito da voci in bilico tra tragedie private e la contemporaneità, dal delicato gioco dell’interiorità, un’attenzione maniacale e sotterranea a qualsiasi stato d’animo, da una continua voglia di scappare da un qualcosa di indefinito, una sorta di corsa repressa contro un disagio profondo.
Il problema non stava nel sentirsi infelice, lo era sempre stata. Il problema era quell’infelicità senza dolore, senza un amore.
È un momento di frattura a cambiare le carte sul tavolo della nostra vita, tutti quegli episodi inaspettati che tra queste pagine si fanno sottili e avvolgenti, riempendosi di un’ironia pungente grazie alla quale la paura verrà quasi sempre accantonata.
L’essere a metà, non diventa per forza dolore, ma in questo caso un punto di forza, così come ha sempre fatto ad esempio la letteratura americana con i suoi numerosissimi scrittori dalle origine più lontane.
Malaj proviene da questa tradizione, pur non volendolo ammettere e non avendone intenzione, quella dello scrittore a metà, capace di raccontare moltitudini di mondi – nel suo caso – arricchiti da speranza e grandi emozioni umane.
Nel terrazzo l’acqua aveva già cominciato a riversarsi sul cemento. Innaffiò tutte le piante, anche quelle morte. Anche l’asfalto fiorirebbe se qualcuno lo innaffiasse.
Dal tuo terrazzo si vede casa mia è il lascito di un cantastorie, per certi versi ancora ibrido, ma dalle qualità indiscusse. Quando questa voce troverà la sua forma definitiva potremo forse parlare di una nuova letteratura nostrana, una variante distinta ma che potrebbe tranquillamente essere già questa.
Manca il coraggio per poterlo affermare, pensando alle reazioni dei più scettici, tutti coloro che in fondo ad innaffiare il nostro futuro non ci hanno mai pensato.
Autore: Elvis Malaj
Editore: Racconti Edizioni
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tag #Albania #Italia
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