Attraverso la notte di William Sloane
Difficile ignorare lo strillo di Stephen King, quello in cui il maestro dell’orrore presenta anche al pubblico italiano l’opera di William Sloane. Con «Attraverso la notte» (Adelphi) ritorna in libreria un autore che se avesse continuato a scrivere ci dice King, sarebbe diventato un maestro del genere o ne avrebbe creato uno nuovo. Così però non è stato, ma questa è solo la prima delle storie per attraversare il buio della notte.
Proprio con questo libro il nome di Sloane si era già visto tra gli appassionati di genere: prima negli anni ’60 con Longanesi, poi all’inizio degli anni ’90, quando in una delle collane horror di Mondadori uscì «Selena». Chissà in quanti lo avranno letto, forse pochi visto il destino e la diffusione relativa al nostro panorama. Una storia che prima della riproposta tutta adelphiana era diventata un romanzo d’annata da recuperare su ebay a prezzi non da poco. Forse l’errore di inserirlo in una collana dedicata a un genere, quindi a una nicchia di lettori, per una voce che durante la narrazione si serve di svariate influenze attingendo al giallo, alla fantascienza, alla tradizione orrorifica, al romanzo classico, senza dimenticare una spolverata di gotico. In questa traversata della notte ho avuto modo di vedere tanto, di scoprire un’ambizione maggiore – lontano dal pensare che la letteratura di genere non la abbia – senza però rimanerne disorientato.
La seconda storia parla di un grande appassionato di libri, di un amore così forte che durante la seconda guerra mondiale portò Sloane prima a lavorare per diverse case editrici e poi ad essere nominato direttore del Council of Books, un’associazione no-profit americana fondata nel 1942 da librai, bibliotecari, editori ed autori per incanalare l’uso dei libri come “armi nella guerra delle idee” e contrastare un certo tipo di propaganda guerrafondaia.
Prima però dell’ennesimo conflitto e del suo consolidamento accademico, durante le sere del dopo lavoro, mentre Lovecraft scriveva alcuni monoliti che avrebbero cambiato per sempre il genere (si pensi ad esempio a «Le montagne della follia»), Sloane si dedicò alla stesura di due romanzi: «Attraverso la notte» e «The Edge of Running Water» (di prossima pubblicazione). Pensare all’inizio degli anni ’30, al periodo di massima sperimentazione del weird, della fantascienza e ai loro riferimenti, al bagaglio immaginifico sicuramente ridotto che questi autori potevano avere o dal quale potevano attingere, li colloca sotto una luce speciale, di oscura bravura e di sorpresa.
Uno dei pregi di questa traversata notturna è la raffinatezza, nonché la pulizia di un intreccio lineare. L’amicizia di Bark e Jerry che, in visita alla loro vecchia università, troveranno il professor LeNormand avvolto da fiamme mai viste, inspiegabili, come inspiegabile sarà il successivo suicidio di Jerry. Nel mezzo la terza storia notturna, quella abitata da un padre e un amico privati di un amore profondo, di un figlio e un “fratello” perso nell’ombra di Selena, la magnetica ex-moglie di LeNormand, avvolta anch’essa in un mistero tutto da svelare.
Il racconto di Bark, quello fatto al padre di Jerry, troverà il coraggio di essere ricostruito, analizzato in prima persona. Essendo stato proprio lì presente, di fronte a quella pistola che ha levato l’ultimo respiro all’amico di sempre. Per farlo però, per dimostrare lealtà nei confronti della vita e della morte, del tempo e dell’umanità, i due attraverseranno le strade impervie della debolezza. Proprio la debolezza, “l’unico vero difetto imperdonabile” condannata con tutte queste storie ad errare nella notte.
Così il libro di Sloane brillerà attraverso le sue psicologie, nel fino lavoro di studio sull’inconscio. Non fu un caso il suo incontro – proprio nel 1937, l’anno di uscita del libro – con Carl Gustav Jung, il grande psicanalista che durante un pranzo di gala dimostrò di aver letto e apprezzato il romanzo, soprattutto nella sua idea di “mente itinerante” nella quale rivedeva la sua idea di anima come archetipo astratto e quasi soprannaturale dell’inconscio.
(…) le cose della vita non si presentano sotto forma di fatti grandiosi e travolgenti, caratterizzati da una violenza teatrale. La vita è una serie di piccole cose che, per la maggior parte, significano tanto o poco a seconda della posizione dell’osservatore.
Non è solo la traduzione di Gianni Pannofino a rendere il libro di Sloane contemporaneo, ma anche una spiccata ironia, un piglio tutto sornione completamente inedito per i libri di genere di quel tempo. Più volte ho riguardato l’anno di pubblicazione del libro, rimanendo sempre più esterrefatto da un tono e un taglio che gli amanti di King – e non – riconosceranno negli echi di voci più contemporanee.
Una storia capace di diventare una delle sorprese di quest’anno, grazie anche al focus su un amore tutto al maschile, sempre in correlazione agli anni della sua stesura. Tra queste pagine l’amore amicale tra uomini trova un’espressione di grande efficacia, riesce a svelare un abbraccio fraterno da un’angolazione ancora oggi convincente e sentita. Così come l’approfondimento, sicuramente più classico, legato alla femme fatele: Selena sarà il simbolo della donna magnetica, ma al tempo stesso aliena, di un paradigma tanto solido quanto ancora decostruibile. Simbolo di estrema intelligenza e demoniaca macchinazione, il corrispettivo di un mondo i cui imperversa una lotta tra significati e significanti dei rapporti interpersonali, Sloane mette sotto studio un codice tutto da esplorare.
E qui, dalla metà degli anni ’30, che questo autore americano ci parla degli universi inspiegabili che abitano i nostri cuori, degli sguardi persi nella notte dell’amore.
Non meno complessa si rivela la questione sul genere, con l’esempio di un libro difficile da etichettare il cui scheletro, la cui ossatura, si regge sul mistero e su una prima novecentesca tradizione del fantascientifico. Nel mezzo la psicanalisi, l’orrore del nostro inconscio e di una realtà non sempre codificabile: tutto si mischia, si fa cangiante, fantastico, una vera e propria montagna russa con tanto di urla e lontani rumori metallici.
Il ritmo forsennato, la capacità di accompagnare il lettore con un coinvolgimento proprio dei grandi intrattenitori porterà a un finale enigmatico, tutto da pensare, da discutere nel suo coraggio d’intenti e di terrore.
Era cambiato, e tra noi si era aperto l’abisso del tempo non condiviso. Un tempo in cui eravamo cresciuti ed evoluti in modi diversi. Non era di lui che avevo paura, ma di quello che voleva da me.
Dopo tutta questa sorpresa non ho potuto fare a meno di riflettere sul mistero più grande, quello sottolineato dalla provocazione di King e dall’autore stesso. Perché non scrivere altro? Perché non lasciare un segno ancora più grande?
Come la vicenda di questi due amici, come insegna questo viaggio attraverso la notte, alcune linee non vanno superate, alcune porte non dovrebbero essere aperte. Guardare senza paura certi orizzonti, senza la possibilità di sfiorare verità scomode e pericolose avrebbe forse fatto desistere più di uno scrittore.
William Sloane fu lo stesso che fino alla sua morte si dedicò, anche grazie alla sua casa editrice alle storie degli altri, lontano da qualsiasi uscio personale, ma di fronte a uno spiraglio sempre aperto sul buio dei nostri occhi. A noi capire il da farsi.
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