Philipp Meyer presenta «Il Figlio» @ Circolo dei Lettori
Il ritorno di Philipp Meyer non è cosa da poco: il giovane autore americano torna a distanza di anni dopo il suo «Ruggine Americana», il romanzo d’esordio che mi aveva fatto vivere le difficoltà della Pennsylvania attraverso personaggi crudi e tanta polvere.
L’ultimo lavoro si chiama «Il Figlio» (sempre edito Einaudi) e Meyer, ospite del Circolo dei Lettori di Torino, ne ha parlato per la prima volta in Italia accompagnato da Andrea Canobbio.
Il nuovo romanzo è diverso, lo si percepisce dalla prima pagina, sembra essere molto più carico del precedente. Meyer è passato in sei anni da una storia di amicizia, di amore e di difficoltà sociale, a un romanzo molto più ambizioso.
Siamo in Texas e abbiamo tra le mani una grande storia familiare. È la storia della famiglia McCullough che parte dall’Ottocento per finire ai giorni nostri. Molti sono i personaggi che conosceremo attraverso gli occhi di tre voci narranti legate dal sangue: Eli, il colonnello, una sorta di patriarca allevato dagli indiani. Suo figlio Peter e la sua nipotina Joanne.
Sullo sfondo le pianure texane, i Comanche e i messicani. Culture diverse il cui incontro farà scaturire sangue e violenza.
Perché i Comanche, come mai questo interessamento per gli indiani?
Meyer afferma che la storia degli Stati Uniti è decisamente più giovane, è fatta di esportatori e autosufficienza. L’intento è poter tornare a essere come il primo uomo, come gli indiani, è proprio quello che sogna ogni ragazzino americano. Gli indiani non sono solo fascinazione, ma sono stati il pretesto per trovare un indice al romanzo fatto di molteplici contrasti. C’è però un parallelismo tra la violenza indiana e il diritto di appropriazione dei bianchi.
Il dovere dello scrittore è quello di dire la verità.
Meyer non ha dubbi. Li ha sfatati tutti facendo una grandissima ricerca, soprattutto di tipo pratico e non solo teorico. Nonostante la gente sia uguale in ogni dove, attraverso svariati documenti, ha riscontrato la presenza di questi due miti. Tutta quella documentazione che fa parte della branca delle descrizioni storiografiche dei bianchi, che d’altronde hanno vinto la guerra e, non a caso, presentano quindi descrizioni nascoste.
Bisogna capire la violenza.
A noi piace fare la guerra, bisogna ammetterlo.
Per i personaggi, ci sono state ispirazioni?
Si, senza dubbio. L’ispirazione è arrivata da un’ereditiera texana il cui padre era morto in un incidente aereo. Lei è diventata la base per il personaggio di Joanne.
Mi sono documentato sulla condizione delle donne in quell’area specifica degli Stati Uniti e mi sono chiesto cosa dovesse avere una donna per superare e affrontare quel clima in particolare.
Ricerche strane, singolari. L’invito è quello ad approfondire.
La frase che viene pronunciata lascia di ghiaccio, anche nel deserto americano:
Per scrivere il romanzo ho letto 350 libri di non-fiction. Quando dovevo parlare di una pianta particolare, una ventina di libri erano dedicati esclusivamente ad essa. E così è stato per i processi di lavorazione della pelle e delle tradizioni di questa gente. Quando ho fatto ricerca su nativi ho letto una cinquantina di libri per poi scoprire che erano stati scritti da accademici sui quali purtroppo non bastava soffermarsi. Le volte ne sanno veramente poco, quindi ho dovuto approfondire ancora.
Per capire aspetti pregnanti della violenza e della cultura che volevo raccontare mi sono iscritto a gruppi che simulano la guerra. Adrenalina e paura.
Per capire la questione dei bufali del 1870, ho cacciato cervi, ho sentito il loro odore e mi sono recato in un ranch per provare cosa significasse macellare un animale.
Lo scrittore non si deve fermare a questo, per descrivere il sapore del sangue deve provarlo. Meyer lo ha fatto. Sangue di mucca per l’esattezza, carne di mucca cruda, mangiata e bevuta.
Le descrizioni del libro sono la dimostrazione di come il metodo funzioni, almeno per questo scrittore che, con appena due libri all’attivo, continua a dimostrarsi una delle grandi promesse della letteratura a stelle e strisce.
Dopo un viaggio così riuscito, la video-recensione era d’obbligo:
Autore: Philipp Meyer
Traduttore: Cristiana Mannella
Editore: Einaudi
Collana: Supercoralli
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