L’anniversario di Andrea Bajani

L'anniversario-di-Andrea-bajani-Feltrinelli

Si possono abbandonare i genitori? La propria madre e il proprio padre. Si può recidere un legame così indivisibile? Ma perché farlo? Perché occultare il rapporto naturale con chi ci mette al mondo?

«L’anniversario» di Andrea Bajani (Feltrinelli) racconta la scelta di un figlio, proprio quella di chiudere la porta genitoriale verso una strada libera da ogni ostacolo e vincolo. Non si tratta della classica ribellione adolescenziale, non si tratta di una catena fatta di numerosi litigi. La voce narrante è quella di un figlio consapevole delle sue emozioni, del suo vivere il mondo attraverso il peso del nucleo familiare.

L’anniversario celebra l’importanza del punto, di quel momento in cui la voce narrante ha trovato il coraggio di andare a capo, senza pensare al salto siderale dalle forze naturali dell’amore.

È inutile negarlo: il trend – tutto italiano – degli ultimi anni è quello dell’autofiction. Vorrei però allontanarmi da un discorso più generalista, quello che vedrebbe il romanzo tradizionale accantonato, sempre meno efficace e funzionale al racconto dei nostri tempi. Gli esempi di scrittori e di libri più realisti si possono ancora trovare, ma è innegabile come da dieci anni a questa parte il romanzo abbia trovato nel racconto del sé un’ottima variante della forma romanzesca.
Non siamo di certo gli unici, si guardi ad esempio alla Francia, dove da qualche anno Annie Ernaux, una delle massime esponenti di questo fare letterario ha ricevuto il Nobel, il più grande riconoscimento del panorama contemporaneo. Il mio timore è diverso, forse è quello di essere gli ultimi, forse un po’ troppo tardivi e ancorati a questa forma del sé, ormai sistematizzata e in parte superata sullo scacchiere letterario europeo.

Ma prendiamo il tutto come un dato di fatto, questa prima voce pronta a parlarci in prima persona del suo sentire piace. Ed è qui che si colloca Bajani, partendo da una porta chiusa e un momento tanto sofferto quanto felice.

Da allora ho cambiato numero di telefono, casa, continente, ho tirato su un muro inespugnabile, ho messo un oceano di mezzo. Sono stati i dieci anni migliori della mia vita.

L'anniversario di Andrea Bajani Feltrinelli Premio Strega

Protagonista del libro è il nucleo familiare, Bajani lo restituisce come un complesso sistema politico. All’interno di esso potremmo tutti riconoscerci, senza dover necessariamente scomodare Tolstoj e il suo incipit sulle famiglie infelici. E se è il concetto di infelicità ad accomunarci tutti, sono soprattutto il potere e le sue regole che delimitano le differenze dei luoghi che abitiamo. Abbiamo a supporto anche una sterminata letteratura di madri, padri e figli, senza che il romanzesco si allontani troppo dalla realtà e dagli usci dei nostri cuori. Tutto ci porta verso la conquista della felicità personale, sembra essere proprio il termine ultimo, l’obiettivo al quale aspirare.

Ho letto di una sorella giudicante rispetto un fratello non in grado di gestire in sinergia e collaborazione i tornadi degli affetti, quella voce sempre schiacciata dal peso di una padre troppo pesante e una madre soggiogata dallo stesso. Come se Bajani ci suggerisse che di fronte alla politica familiare esista un’unica soluzione: la resa. Non c’è spiraglio, nessuna possibilità di piegare meccanismi incancreniti dal tempo e dal contesto culturale.

La voce racconta le sue fughe, il cordone ombelicale pronto a tirarlo sempre più vicino al momento di quella domanda:

Tornerai a trovarci?

Tra frasi taglienti e fine capitoli ad effetto, «L’anniversario» fa della bella scrittura il suo pregio maggiore. Per il sottoscritto un primo Bajani stilisticamente convincente, di quell’autore che mai avevo letto e sempre incontrato durante le numerose presentazioni di autori internazionali a cui partecipava come moderatore. Anche in questo caso il profilo, nonché questa prova tanto caldeggiata anche da Emmanuel Carrère, risultano difendersi bene, con credibilità.

Titolo e copertina si fanno manifesto d’intenti, come non pensare a quella prima edizione Einaudi de «L’avversario». Pare di trovarsi nella stessa stanza, ma da una prospettiva diversa. Non c’è dubbio alcuno.

L'anniversario Bajani avversario Carrere

Ma l’impressione, nonostante il trascorrere del tempo, è quella di uno sguardo ancora giustamente irrisolto verso quei genitori allontanati. Senza che il tutto assuma un ruolo terapeutico, cioè tutto quello che la letteratura non dovrebbe essere. Anziché assurgere a mero oggetto di catarsi, come l’idea che la letteratura debba dare risposte balsamiche, consolatorie, raccontarci quella morale che ci culli nell’illusione della realtà. In questo Bajani continua a reggere l’esperimento e l’intento con l’onestà della voce, la stessa che in alcuni snodi rischia di tradirlo.

Il padre risulta il vero ostacolo da superare, la madre l’espediente attraverso cui far fluire il racconto. Tutto sarà condito dal giudizio che si addice alle regole dell’autofiction, allo sguardo senza filtri pronto a mordere la verità dei fatti. Ed è qui che i colpi non sempre hanno la stessa intensità, la stessa convinzione. Così la voce narrante ci ricorda della sua fallibilità e di una ferita – che nonostante lo scorrere del tempo – non sembra essersi del tutto rimarginata, forse sarà sempre lì a pulsare, a mostrarci la carne viva e i segni delle nostre decisioni.

Impressionante il giudizio su una madre passiva anche alla sua stessa vita, franco. Quasi ci illude sul focus di tutta la narrazione, portandoci a pensare a come possa essere un libro proprio su chi – facendosi inesistente – ha permesso quel dolore filiale.

E per lei era importante (…) che la riconoscesse per quella che lui stesso aveva voluto che lei fosse. Il che forse equivaleva, nella concezione della vita di mia madre, a un disgraziato atto d’amore.

«L’anniversario» riesce a rispondere alle grandi domande sul distacco, ma rimane in parte irrisolto – come è giusto che sia – nella forma del suo racconto. Lungi dal supporre di conoscere il Bajani romanziere, dall’avere un’idea cristallina del suo fare letteratura, ho come avuto l’impressione della presenza di una sorta di nascondiglio. L’occhio sbircia ancora dal buco della serratura di quella porta ormai chiusa, il racconto personale si mostra ma con la nebbia che avvolge il cuore del suo sentire, come se si avesse paura a dire sono io, questa voce non è il romanzo di una vita, ma la vicenda di una possibilità altra, il diritto a una narrazione propria ancora in divenire.

Tra le ultime pagine la nuova strategia decennale legata alla fuga come antidoto alla felicità. Solo lasciandoci tutto alle spalle, sembra dirci Bajani, potremmo in qualche modo salvarci da questa guerra invisibile. Penso a quanto sarebbe bello, a se tutto fosse così facile.

Lo stesso Carrère parla di un libro calmo, ed è proprio in quel controllo che si rifugia tutta la storia, nell’idea di poter finalmente governare la barca in piena tempesta paterna. Proprio quel padre vittima, carnefice e “avversario” al tempo stesso, il vero protagonista e la causa di questo abbandono.

Nonostante ciò, a una vulnerabilità che nessuno dovrebbe giudicare se non nel momento di una minore intensità narrativa, questo anniversario è la celebrazione di un coraggio, di un libro che anche se non tocca i livelli più alti della tradizione di appartenenza, riesce a parlarci della fallibilità delle storie. Di quella risacca capace riportarci al grande viaggio della parola amore.

Autore: Andrea Bajani
Editore: Feltrinelli
Collana: Narratori
_______
tag #Italia


    Login with
    or as guest:
    Comments: 0
    Sort by newest 

Raccontare di sé:

La Collina Misericordiosa di Lore Berger

La Collina Misericordiosa di Lore Berger

Andrea PennywiseGen 5, 20163 min read

Lore Berger è una ragazza svizzera di appena ventidue anni con una passione per la scrittura e una forte avversità nei confronti della vita. Nell’estate del 1943, dopo aver consegnato il manoscritto de «La Collina Misericordiosa» – il suo unico…

Vita, vecchiaia e morte di una donna del popolo di Didier Eribon L'orma editore

Vita, vecchiaia e morte di una donna del popolo. Il lutto di Didier Eribon

Andrea PennywiseGiu 8, 20248 min read

Tra i tanti nomi di questo fermento c’è anche quello di Didier Eribon, un intellettuale di spicco poco conosciuto in Italia. Dopo la consolidazione e il successo di «Ritorno a Reims», uno dei libri di riferimento per la generazione francese…